Forse potrà sorprendere qualcuno, ma io e Kobe eravamo molto amici. Kobe era come un fratello minore per me. Tutti vogliono parlare di agonismo e competitività tra me e lui, io voglio solo parlare di Kobe.

Abbiamo fratelli minori, sorelle minori, che in qualche modo prendono le tue cose, i tuoi vestiti, le tue scarpe. Ti da quasi fastidio per certi versi. In questo caso il fastidio è diventato amore e ammirazione già solo per come mi ha trattato da fratello maggiore.

Le domande, la voglia di conoscere nel dettaglio tutto. Kobe mi chiamava, mi mandava messaggi, all’1:00 si notte, alle 2.30, alle 3:00 del mattino. Mi parlava del gioco in post, del gioco di gambe e a volte anche del Triangolo. Inizialmente la cosa mi irritava ma poi è diventata una passione, perché questo ragazzo ne aveva a livelli impossibili da capire.

E la cosa straordinaria della passione è che quando ami qualcosa, se hai una forte passione per qualcosa, ti spingi all’estremo per capire e raggiungerla.
Kobe per me è stata l’ispirazione che mi ha fatto capire che qualcuno davvero teneva a come giocavo, voleva diventare il miglior giocatore di basket possibile. E quando ho imparato a conoscerlo io ho cercato di diventare il miglior fratello maggiore possibile per lui. Per farlo, devi saper sopportare la rabbia, le chiamate a tarda notte, le domande stupide. Avevo troppo orgoglio cominciando a conoscerlo, per il fatto che tramite me stesse cercando di diventare un uomo e una persona migliore. E ora che sto piangendo dovrete trovare un nuovo meme per me!
Vanessa e gli amici possono dirlo: lui sapeva come toccarti in modo personale, anche se a volte era un grande rompipalle. Aveva quel senso di amore che non potevi non ricambiare perché lui sapeva tirare fuori il meglio di te.

Un paio di mesi fa mi ha scritto un messaggio dicendo: “Sto cercando di insegnare a mia figlia alcune mosse” e mi ha chiesto cosa ne pensassi. Gli ho chiesto “Quanti anni ha?”

“12!”

Io a 12 anni cercavo di giocare a baseball!

Mi risponde che stava crepando dal ridere, tutto ciò alle 2 del mattino.
Passo dopo passo, nella nostra vita, è difficile trovare amici con cui avere le conversazioni che avevamo noi.

Nel 1999/00 iniziò a lavorare con Phil Jackson e quando ci vedemmo la prima volta a Los Angeles mi chiese “Hai portato le scarpe?”

La sua voglia di migliorare me lo ha fatto amare, il fatto che lui mi vedesse come una sfida. È difficile vedere persone con la sua voglia di migliorare giorno dopo giorno come padre, persona, amico. Io sono ispirato per quello che ha fatto, per cosa ha fatto con Vanessa e le figlie.

Non vedo l’ora di tornare a casa per diventare un papà di bambine, per abbracciarle come lui mi ha insegnato comportandosi ogni sera.

È quello che continueremo ad amare di lui.
A Vanessa, a Natalia, a Bianka, a Capri.

Ci saremo sempre per voi! E voglio dare il mio sostegno a tutte le famiglie toccate dalla tragedia.

Kobe ha dato ogni goccia di sudore per tutto ciò che ha fatto. Dopo il suo ritiro sembrava davvero felice.

Era un papà fantastico, un marito fantastico che si è dedicato alla famiglia e amava le sue figlie con tutto il suo cuore.

Non ha mai lasciato niente e ha dato tutto.

Nessuno sa quanto ci resta da vivere, per cui cerchiamo di passare più tempo possibile con le persone che amiamo. Godiamoci tutte le persone con cui veniamo a contatto.

Con la morte di Kobe è morto un pezzo di me, e se guardo le vostre reazioni posso dire lo stesso per voi.

Vi prometto che da questo giorno in avanti vivrò col ricordo e la consapevolezza che avevo un piccolo fratello che ho cercato di aiutare come potevo.

Riposa in pace fratellino mio”

Michael Jordan e quella che assomiglia tantissimo alla miglior giocata della sua straordinaria carriera. Per Kobe.